esplorando la parete sud-est
Risalendo la Valfredda, in qualunque stagione, l'attenzione è fortemente catalizzata dalla corona di cime che la delimitano. L'idea che possano costituire una pregevole risorsa per l'arrampicatore è però frustrata dalla qualità della roccia, che in questa zona, di norma, lascia alquanto a desiderare.
D'altra parte, come ogni regola anche questa ha le sue eccezioni, e una di queste pare essere la Torre del Formenton, un parallelepipedo monolitico di roccia su cui nel 1968 Alessandro Gogna e Bepi Pellegrinon tracciarono la via che porta il loro nome:
Vi è anche notizia di altre realizzazioni più recenti, e non solo su quella parete. Quindi la speranza non è forse del tutto perduta.
Se lo sguardo volge più a sinistra, giusto a ovest del Sasso di Valfredda, un'altra cima desta curiosità, per la sua particolare conformazione:
Si tratta di Cima Ombrettola, la cui sommità tocca i 2931 m, e la cui parete sud-est appare solcata da una numerosa serie di canali paralleli:
E' per questo che nell'agosto del 2012 vado a girovagare da quelle parti, e nonostante il terreno faticoso, risalgo fino alla base del settore più basso della parete. Noto subito un canalino che sembra salire ben in alto:
La parte visibile non sembra difficile. Sono in assetto escursionistico, con scarpette da avvicinamento, zaino leggero, e nessun materiale o attrezzatura da arrampicata.
Decido ugualmente di provare a salire. La via di salita naturale parte a destra del masso irregolare che si trova alla base. Seguo la linea più facile:
All'inizio la roccia è di qualità mediocre, ma si lascia salire facilmente. Sui ghiaioni sotto, uno stambecco sembra interessato:
Raggiungo la parte più interessante, con roccia decisamente migliore, e risalgo il diedro che non oppone particolare difficoltà:
Ma inoltrandomi in quello che diventa a mano a mano un camino-colatoio, accade purtroppo ciò che temevo: incontro un passaggio che forse potrei passare verso l'alto, ma sicuramente non all'ingiù, se ce ne fosse bisogno:
E' il mio punto di non ritorno, ne prendo atto e mi ritiro in buon ordine.
La giornata è ancora lunga, sono di nuovo alla base della parete, risalgo un po' i ghiaioni, e vedo delle placche appoggiate di roccia di prima qualità.
Mi incuriosisce quella specie di grissino che torreggia in alto, ma soprattutto il canale che sale alla sua sinistra:
Detto fatto, decido di provare; in fondo sto esplorando, no?
Anche questo lo prendo da destra, salendo in obliquo verso sinistra:
La roccia è effettivamente perfetta, sembra cemento, con buchi e belle tacche; ora salgo dritto, poi obliquo un po' a destra, assecondando la forma della parete:
Più su arrivo a una strozzatura, proprio alla sinistra della base del grissino:
E' l'unico passaggio a impensierirmi un poco, ma non tanto da trattenermi, quindi lo supero, e come speravo la pendenza cala; mi trovo davanti a un facile canale che pare non riservare altre sorprese fino alla cresta sommitale:
Purtroppo la qualità della roccia si deteriora a mano a mano che salgo, fino a diventare infima verso la fine:
Visto dall'alto, il canale, a destra del grissino, ha la forma di un imbuto, dove l'acqua si raccoglie durante le piogge o lo scioglimento, e scava, lavora, e liscia la parete sottostante:
Raggiungo la cresta,
la risalgo fino alla croce di vetta, e mi concedo un auto-scatto:
I panorami sono uno spettacolo, e non serve descriverli:
In qualche modo, seguendo uno dei canali che scende a est, scendo al Passo del Bachét
e poi per i lunghi ghiaioni verso valle:
Scoprirò presto che, nonostante non abbia trovato segno di passaggio, quella che ho salito è una via esistente, la Via Pellegrinon-Altamura, aperta da Bepi Pellegrinon e Vincenzo Altamura nel 1971.
Sei anni dopo sono di nuovo in zona, con due amici, per provare a salire il canale di sinistra, quello a cui avevo rinunciato la volta precedente.
Ho anche immaginato uno scioglilingua: Sotto la Crepa la Capra canta. Perché ci sono sempre stambecchi, nei paraggi:
La fatica dei ghiaioni, con lo zaino pesante, si moltiplica:
Il canale è sempre lì, ma appare a tratti bagnato dalle piogge della notte precedente:
Salgo i primi 50 m legato, ma senza bisogno di proteggere:
Mi fermo su un ripiano ghiaioso, dove c'è spazio per accogliere Saverio e Silvano, stabilisco una sosta, su friend + chiodo, e gli amici presto mi raggiungono.
Parto per il primo vero tiro, per lo più nel canale, o poco a sinistra:
Dopo 50 m, arrivo proprio dove ero arrivato la volta precedente, in una sorta di nicchia la cui sommità è evidentemente il punto di uscita di una cascata, quando scorre acqua:
Sosta su sasso incastrato e chiodo:
Saverio prende il comando e supera senza difficoltà il passaggio, non senza mettere un buon chiodo, che poi io lascerò in loco, di proposito:
Saverio dice IV+. Dopo quel passaggio la pendenza si abbatte, ma presto si trova una biforcazione. La prendiamo a destra, come avevamo ipotizzato guardando dal basso.
Per farlo serve superare un muretto, sulla sinistra o sulla destra dell'imbocco: direi un passo di IV. Poi di nuovo più facile.
Anche questo tiro assomma a circa 50 m. Sosta su due chiodi.
Riparto io, altri 50 m senza particolari difficoltà:
Sosta comoda, su detrito.
Anche in questo canale, com'era prevedibile, la qualità della roccia degrada a mano a mano che si sale. facciamo un centinaio di metri in conserva:
E gli ultimi 80 m circa slegati:
Di nuovo la salita lungo l'ampia cresta, verso la cima,
di nuovo la foto di vetta,
e di nuovo il lungo percorso di rientro.
Anche più lungo: per evitare la scabrosa discesa diretta alla Forcella del Bachét, sperimentiamo la discesa verso Passo Ombrettola, per poi aggirare l'Ombrettola da nord e risalire faticosamente al Bachét da quel versante, prima di scendere i ghiaioni per andare a ritrovare gli zaini:
Grande acquazzone finale durante la discesa, merenda a Fuciade, e rientro all'auto.
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