da Malga Bedole
Itinerario molto lungo e vario che ci porta ad esplorare vari ambienti in una zona estremamente ricca di bellezze naturali e testimone ormai quasi un secolo fa di alcune delle più cruente vicende belliche che si sono svolte lungo il fronte italo-austriaco nel corso della prima guerra mondiale.
In zona vi sono vari punti di appoggio ma nessuno lungo il cammino, per cui si consiglia di valutare con molta attenzione la propria preparazione fisica e le condizioni meteorologiche.
E' possibile dividere l'itinerario in due o più giorni, pernottando nei bivacchi o rifugi che si trovano ad una o due ore di cammino dall'itinerario riportato.
E' necessaria l'attrezzatura da ghiacciaio.
Si risale la val Rendena da Tione fino all'abitato di Carisolo. Si imbocca, appena all'uscita del paese, la deviazione per la val Genova che si trova sulla sinistra. Si risale la valle per tutta la sua lunghezza superando le stupende cascate del Nardis sulla destra (sinistra orografica) e del Lares (sulla sinistra - destra orografica), fino a giungere nei pressi del rifugio Bedole.
A seconda del mese in cui si intraprende l'escursione l'accesso alla valle potrebbe risultare limitato oppure a pagamento, informarsi presso l'ente parco Adamello-Brenta. Un pullmino consente di spostarsi anche senza auto (attenzione ai periodi ed agli orari).
Parcheggiata l'auto nei pressi della malga Bedole si imbocca a piedi la forestale che conduce comodamente al rifugio Bedole, posto nei pressi di un laghetto nella conca dove inizia la stupenda val Genova.
Si lascia il rifugio sulla destra e si imbocca il sentiero del Matarot (numero 241), inizialmente ampio e pianeggiante (fino alla teleferica che rifornisce il rifugio Madron), in seguito via via più stretto e ripido.
Superato un primo tratto nel bosco di larici si sbuca in un verde pianoro in cui scorre il torrente. Nel mezzo di questo luogo idilliaco si trova la vecchia malga Matarot bassa.
Si superano due ponti in legno e si prosegue lungo il sentiero che mano a mano diviene una traccia in mezzo alle ghiaie del torrente e quindi risale per i massi levigati dall'acqua lungo un rigagnolo secondario.
Si giunge in questo modo nella parte alta della valle del Matarot, qui il sentiero diviene incerto in quanto corre lungo i fianchi franosi delle propaggini della Lobbia. Ogni anno la traccia cambia più o meno pesantemente.
Con fatica si raggiunge la bastionata rocciosa che chiude la valle, sulla sinistra si fa notare una poderosa cascata (a seconda dell'ora e del periodo la quantità d'acqua che scende può variare notevolmente) che riversa nella valle l'acqua che risulta dallo scioglimento delle nevi e del ghiaccio della vedretta della Lobbia che si trova più in alto e ancora non visibile.
Si percorre ora un lungo tratto attrezzato (attenzione in caso di pioggia alle rocce scivolose poiché lisciate dal ghiaccio) che risale il pendio roccioso non troppo ripido. L'ultima parte della sezione rocciosa, meno ripida e per questo non attrezzata con cordino, ci porta fino alla testata della vedretta.
Qui, nei pressi di un laghetto di fusione, si abbandona la traccia segnata (che conduce al rifugio ai Caduti dell'Adamello presso il passo della Lobbia Alta) e ci si porta sulla sinistra, salendo sulla vedretta.
Indossata l'opportuna attrezzatura si risale il ghiacciaio (inizialmente non molto pendente e poco crepacciato) in direzione del passo val di Fumo, lasciandosi sulla destra Cresta Croce e il Dosson di Genova, sulla sinistra il Crozzon di Lares e punta Attilio Calvi.
Attenzione a qualche crepaccio nei pressi del passo.
Giunti al passo si prosegue in salita verso sinistra, verso il passo di Cavento. Un tempo il ghiacciaio era molto più alto e quindi il passaggio risultava agevole, ora la quota del ghiaccio è scesa di circa 50 metri, per cui è necessario risalire arrampicando (con l'aiuto di un cordino metallico) le rocce e gli sfaciumi. Nel caso non si utilizzi il cordino le difficoltà sono valutate tra il primo ed il secondo grado.
Nei pressi del passo si trova il bivacco Laeng, uno spartano riparo in lamiera.
Si ridiscende ora l'altro versante del passo, nuovamente per rocce e sfasciumi (ancora cordino metallico) fino a portarsi sulla vedretta del Lares. Attenzione alla crepaccia terminale.
Si costeggia ora verso destra la cima del corno di Cavento, fino a portarsi sul suo versante sud-est, qui si risale per nevai e sfasciumi (un tempo anche questa parte di percorso era coperta di ghiaccio fino alla cima) fino a giungere poco sotto la cima.
Qui si trova una straordinaria testimonianza della grande guerra: una grotta scavata nella roccia a più riprese prima dagli austriaci e poi dagli italiani.
La grotta, normalmente chiusa, viene aperta e resa visitabile da volontari delle sezioni SAT, è possibile informarsi presso i rifugi ai caduti dell'Adamello oppure Carè Alto per quanto riguarda i giorni e gli orari di apertura. Basterebbe la sola visita alla grotta a ripagare della fatica della salita.
Nei pressi della cima si trovano anche alcune postazioni, i resti di baracche e i resti di una teleferica.
Dalla cima si gode di una vista favolosa a 360° sulle cime e sui ghiacciai della zona e oltre, principalmente verso la zona dell'Ortles-Cevedale).
E' possibile scendere a ritroso per il percorso effettuato nella salita oppure (è il percorso riportato nella traccia) scendere per un'altra bellissima e selvaggia valle, la valle del Lares.
Si ritorna verso il passo di Cavento, ma prima di giungervi si scende per la vedretta del Lares in direzione del lago omonimo. Attenzione alle liscie rocce montonate che si incontrano al termine della vedretta, da pochi anni lasciate scoperte dal ghiaccio che si è ritirato.
In questa zona è anche possibile notare un impressionante voragine nel ghiacciaio.
Giunti al lago si imbocca il sentiero 214 che ripidamente e con alcuni passaggi atletici ci porta in basso passando per prati e boschi di larici, nei pressi del vecchio rifugio Lares distrutto, e quindi a fondovalle.
Qui la natura sembra voler nascondere il sentiero, che è costretto a varie deviazioni tra i massi e le piante lussureggianti.
Si giunge così alla malga Lares, che funge anche da bivacco. Sempre lungo il sentiero si scende nei pressi delle spettacolari cascate del Lares e si giunge nel fondovalle nei pressi del rifugio Fontanabona.
Di qui è necessario risalire la val Genova per una decina di chilometri per recuperare l'auto: si consiglia di risalire mediante il pullmino (se si giunge in tempo, attenzione agli orari).
■ bd, 2013-07-28
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